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RISVEGLIO

"Quel dolore l'ho vissuto tutto prima di provarlo: negli incubi la notte, nella ansia che mi ha distrutta di giorno, nel caldo, nel freddo, nella paura"


Domenica mattina ho aperto gli occhi, una fessura appena, c'era già la leggera luce del giorno nascente. Con un unico movimento, mi sono seduta nel letto con le gambe di fuori. Ho appoggiato i piedi sul pavimento e mi sono alzata. Passi leggeri e decisi, non la solita andatura a paperella ubriaca. Con le mie fessure di poco aperte, ho mirato la porta e ci sono passata esattamente nel centro, senza battere sugli stipiti come da due anni a questa parte. La bellezza di quella luce appena accennata è la realtà: non più sogno, non più incubo, io nel mio momento reale. Poco importa se la testa pulsa, se gli occhi fanno male: sono in cima ad una montagna, ho faticato, sudato, pianto, imprecato, mi sono persa e ritrovata e da quassù, si da quassù, non guardo più il cammino che ho fatto, ne avverto solo la pesantezza, da questa cima guardo la lunga strada in discesa. È lunga? Che mi importa? È in discesa, fatica zero e poi, sono così leggera, piano piano arrivo.

Io porto il dolore dimenticato della madre con in braccio il figlio appena nato. Quel dolore l'ho vissuto tutto prima di provarlo: negli incubi la notte, nella ansia che mi ha distrutta di giorno, nel caldo, nel freddo, nella paura. Così quando è arrivato, sono stata ferma, non mi sono mossa, speravo facesse meno male, che vedendomi remissiva usasse clemenza, ma lui era senza cuore, nell'apice della sua crudeltà, ho gridato.

Vivo come su una barca che ondeggia sul mare, ma ho rivisto i colori e il mio dolce nipotino con due occhi interi.

Due occhi gonfi, sanguinolenti, feriti e spauriti, che quasi dritti mi osservano dallo specchio. Io e loro, dovremo fare amicizia, conoscerci di nuovo e convivere insieme. Nulla è più come prima, ma non è detto che il futuro non sia migliore.

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